Sfatiamo subito un finto tabù: bloccando le fake news non si limita la libertà di espressione e/o di pensiero dei cittadini. Non si applica nemmeno alcuna forma di censura.
Tappare la bocca a quei siti che fanno business con le finte notizie (attraverso i ‘click’), permette alle persone di sfuggire alla disinformazione.
Innanzitutto serve una buona educazione digitale che permetta agli utenti, giovani e meno giovani, di capire se siamo dinanzi ad una fake news.
Cosa impossibile? Più facile di quando sembra.
Il primo passo è informarsi per capire se quel sito o blog (chiamatelo come preferite), sforna notizie o bufale.
Basta fare una ricerca in rete per capire se quel sito è attendibile o meno. Alla volte basta leggere semplicemente il nome del sito.
Siamo poltroni… e questo dobbiamo ammetterlo. Ci basta leggere il titolo accattivante di un articolo per decidere si condividerlo. Nella maggior parte dei casi l’utente nemmeno si addentra, non approfondisce il contenuto ma si ferma al titolo.
Sotto questo punto di vista andrebbero organizzati più corsi di formazione/informazione, ovviamente “gratuiti”.
Un’altra arma per la lotta alle fake news potrebbe essere la certificazione dei siti/blog.
Ogni sito o blog dovrebbe avere un certificato di eccellenza messo obbligatoriamente in primo piano.
Cosa impossibile? Non penso visto che ad esempio uno strumento simile esiste sui principali social network.
Avete presente la spunta blu di alcuni profili Facebook o twitter? Quella spunta blu assegnata dai social network afferma l’autenticità dei profilo.
Penso anche alle valutazioni per i venditori di eBay, piuttosto che le recensioni su tripadvisor.
Bene… penso che la politica potrebbe iniziare a lavorare su questi 2 aspetti.